La separazione è spesso vissuta come un momento traumatico della propria vita in cui tutte le aspettative e i progetti di vita, costruiti fino a quel momento, svaniscono. Un tumulto emotivo in cui, genitori da un lato e figli dall’altro, si ritrovano a fare i conti con un futuro incerto. Niente di ciò che era sarà, nessun rapporto in famiglia sarà come prima.
In questa situazione non è raro iniziare a pensare che il figlio non debba sapere nulla di ciò che sta accadendo: è troppo piccolo, troppo emotivo, troppo poco consapevole degli eventi. Il figlio diventa, in un certo senso, invisibile agli occhi dei genitori che non riescono a sintonizzarsi realmente con i suoi vissuti di confusione e sofferenza. Situazioni in cui è lo stesso figlio, il più delle volte, a capire prima di tutti che qualcosa sta cambiando, qualcosa nella sua perfetta famiglia si sta modificando, solo non riesce a darsene una motivazione.
Le separazioni conflittuali sono quelle in cui maggiormente si riscontrano tali difficoltà comunicative a seguito delle quali i genitori finiscono per coinvolgere i figli nell’attrito coniugale, senza neanche accorgersene. Basta un momento di fragilità, un momento di arrendevolezza e il figlio si trasforma in confidente, un ragazzino ormai grande che “mai come adesso può capire cosa sta accadendo tra babbo e mamma”. E così, da invisibili, diventano figli adultizzati portatori, spesso, di disagi e malesseri incomprensibili agli occhi del genitore: “non vuole più vedermi”, “non vuole dormire da me”, “ha smesso di avere interessi”, “è svogliato, insicuro”. Motivi per cui il figlio finisce in terapia perché è lui che deve risolvere i suoi problemi.
Ma come fa un figlio a lavorare su di sé quando, parallelamente, mamma e papà confliggono in tribunale?
Quanta motivazione può sviluppare un bambino o, ancor di più, un adolescente nel prendersi cura di sé e della sua salute psicofisica quando sente che gli stessi mamma e papà che un tempo gli avevano promesso di prendersi cura di lui, oggi, non riescono a mantenere la promessa?
Questi solo alcuni degli interrogativi che potrebbero aiutare entrambi i genitori, insieme o separatamente, ad aprire un nuovo varco emotivo tra loro e il figlio, a decidere di mettersi in gioco per primi, iniziando a focalizzarsi su quei comportamenti che, talvolta senza volerlo, finiscono per tirare dentro il figlio in una disputa che può spingerlo ad una scelta, naturalmente inaccettabile, come il patteggiamento verso l’uno o l’altra figura entrambi, fino a quel momento, punto di riferimento per la sua vita.