Che succede nell’Alienazione Parentale?
L’Alienazione Parentale non è una sindrome, ma un fenomeno relazionale complesso che si presenta all’interno di un contesto di separazione coniugale e coinvolge l’intero sistema familiare: figlio, mamma, papà e rispettive famiglie d’origine.
Con l’arrivo della separazione, non prima, cominciano a sorgere numerosi problemi tra i coniugi relativamente alla gestione del figlio e alla sua frequentazione: “non vuole vederti”, “ha paura di te”, “non vuole parlarti, io non posso costringerlo”.
Si assiste ad un vero e proprio cambio di rotta nel rapporto tra i genitori e il figlio che, ad un tratto, non vuole più avere contatti con uno dei due genitori, rimanendo al contrario “ancorato” all’altro. Ma come è possibile? Cosa succede a quel bambino che fino a poco tempo prima sembrava, invece, avere un rapporto stabile con entrambi i genitori?
Erroneamente si è portati a pensare che il genitore c.d. “dominante” sia l’unico responsabile del comportamento messo in atto dal figlio, così come è fuorviante ritenere che il genitore c.d. “rifiutato” sia da considerarsi la vera “vittima del sistema”. L’Alienazione Parentale ha, di fatto, 3 attori protagonisti che, con comportamenti diversi, contribuiscono a far sì che vengano a costituirsi diverse dinamiche disfunzionali all’interno di quel sistema familiare.
Triangolazione e Coalizione
All’interno di quel sistema familiare iniziano a presentarsi le prime coalizioni tra il genitore dominante e il figlio, a discapito dell’altro. Si tratta di coalizioni intergenerazionali perché coinvolgono due membri di una generazione e un membro di un’altra generazione. In questa situazione non vi è alcun rispetto delle gerarchie familiari e i confini tra i sottosistemi appaiono diffusi e confusi. La coalizione rimane segreta perché mai esplicitata, anzi, viene negata sia a livello comunicativo, sia a livello metacomunicativo.
Nello specifico: il genitore dominante si coalizza con il figlio, minando così l’autorità dell’altro genitore; il figlio sceglie di coalizzarsi con il genitore da lui percepito più forte; il genitore rifiutato assiste impotente a questa triangolazione, ma contribuisce ad essa con il suo atteggiamento per lo più accondiscendente. Sembra lottare per riconquistare il figlio, ma, di fatto, rimane intrappolato nel conflitto con l’ex coniuge, perdendo di vista il rapporto con il figlio.
Conflitto di lealtà
La situazione altamente conflittuale tra i due genitori porta il bambino a vivere un conflitto di lealtà: chi scegliere e chi non scegliere, di chi posso fidarmi e a chi posso affidarmi. Il figlio vive nel terrore di essere sgridato, punito, abbandonato. È confuso, non sa cosa deve fare, ma sa che qualcosa deve esser fatto per evitare di soccombere ad una situazione per lui così straziante che lo porterà necessariamente a scegliere di schierarsi dalla parte del genitore percepito da lui più forte, più sicuro e determinato. L’altro genitore, con il suo atteggiamento passivo non fa altro che facilitare il costruirsi di un tale rapporto simbiotico tra i due, non riuscendo così a contrastare l’atteggiamento ostativo del genitore dominante che non perderà occasione per denigrare il suo comportamento agli occhi del bambino: “tuo padre/tua madre doveva venire a prenderti e alla fine non è venuto/a, vedi, non puoi contare che su di me!”.
Simbiosi
Tra genitore dominante e figlio si instaura un vero e proprio rapporto simbiotico e strumentale. Non un rapporto autentico, ma interessato. Il genitore utilizza il figlio manipolandolo e lo fa per un proprio bisogno che, non appena soddisfatto, porterà lo stesso genitore a “scaricare” il bambino, abbandonandolo al suo destino.
Doppio Legame
Il genitore dominante non fa altro che inviare messaggi ambigui e contrastanti al proprio figlio: “se vuoi vedere tua madre/tuo padre, fai pure, ma sappi che non sono d’accordo“ , “vai pure da quello/a stronzo/a”. Se da un parte stringe con il figlio una forte coalizione contro il suo ex partner, enfatizzando il loro legame affettivo, dall’altra, quando si trova in difficoltà, non perde occasione per scaricarlo addossandogli le sue responsabilità: “è lui che non vuole vederla/o”, “sono parole di mio figlio, non mie”, “non è colpa mia se non vuole uscirci, io potrei anche accompagnarlo, ma lui non vuole”.
Atteggiamento delegante
In realtà, entrambi i genitori, con il loro comportamento, delegano al figlio la responsabilità della situazione. Se il genitore dominante non perde occasione per scaricare su di lui le colpe del rifiuto che nutre nei confronti dell’altro genitore, quest’ultimo, non di rado, finisce per redarguire il figlio per il suo comportamento “poco educato”, “manipolativo” e “aggressivo” nei suoi confronti. Così il bambino, messo alle strette, di fronte ad un tale atteggiamento critico, per uscire da questa impasse familiare conflittuale, si sobbarcherà tutte le responsabilità della situazione venutasi a creare per difendere il genitore dominante dalle eventuali accuse dell’altro genitore proprio in virtù di un loro rapporto esclusivo e fusionale.
Un sistema familiare in cui genitore dominante, genitore alienato e figlio rimangono intrappolati in un vero e proprio incastro psicologico con conseguenze potenzialmente dannose per il bambino e per il suo sviluppo psicologico.
In realtà anche questo articolo è solo giudicante. Sarebbe stata utile, invece, da parte di una psicologa, una serie di suggerimenti per un approccio adeguato da parte del genitore alienato.
Salve,
la ringrazio per il feedback.
L’articolo, in verità, contiene tanti suggerimenti. Certamente, bisognerebbe mettersi in discussione per coglierli e accettarli, non percependoli come giudicanti.
Cordiali saluti.
Alessia Mirabelli
Complimenti l’articolo rispecchia tutta la mostruosità di una separazione conflittuale che si ripercuote sui bambini, va inoltre ricordato, pero che il genitore alienato e anche vittima di un sistema giudiziario che aiuta l’ alienante a mettere in pratica il suo piano diabolico contro l’altro genitore che non può fare altro che assistere cercando di contenere la rabbia per non avere atteggiamenti violenti verso l’altro sta di fatto che nei soggetti più deboli la mente li abbandona e commettono dei crimini.
Beh io conosco anche molto genitori che invece colgono l’occasione x migliorarsi
Io non ho mai detto che gli alienati non debbano mettersi in discussione. Io credo che tutti dobbiamo metterci in discussione quanto possibile. Da tempo cerco di dare suggerimenti ai genitori alienati, poiché credo fermamente che la situazione del genitore alienato sia un’occasione in più x migliorarsi. Questo però non deve far sì che il mettersi in discussione da parte della vittima sia un “dovere”. Da nessun ricco che sia stato derubato qualcuno pretende che esibisca meno le sue ricchezze o cose del genere. Quello che dico io è che prima di puntare il dito sulla vittima puntiamolo sul carnefice vista la mole notevole di casi ingiusti. Come ho ripetuto su Facebook non è che una donna debba rinunciare alla minigonna x non essere stuprata, allo stesso modo un genitore alienato può anche non cogliere l’occasione per migliorarsi, questo non può e non deve dare il diritto all’alienante di commettere la sua violenza.
Ho avuto a che fare con molti genitori alienati, la maggior parte di loro si mette davvero in discussione. In molti mi chiedono suggerimenti e sono certa che ne fanno tesoro. Ma raramente la situazione cambia. Concentriamoci a condannare i carnefici allora!
Di recente una mamma mi ha ringraziata dicendomi che ha recuperato sua figlia grazie alla lettura attenta della mia esperienza, il fatto è che è una goccia nel mare. La maggior parte, pur leggendo di tutto e cercando ovunque spunti x cambiare la situazione rimangono fermi in una situazione di stallo agevolata da una giustizia incompetente
bravissima Flo, condivido in pieno! Grazie.
Conosco Flo, la sua storia e la sua sensibilità. Soprattutto la sua esperienza diretta e dal punto di vista più INASCOLTATO